“ Si calcola che nel medioevo un uomo entrava in contatto con poco più di 40 immagini artificiali (affreschi, quadri ecc) in tutta la sua vita. Oggi sono circa 400.000 al giorno, ancora di più per chi frequenta assiduamente il Web. Ciò ha prodotto una crisi del modello culturale tradizionale basato sulla centralità della parola, orale o scritta, per un paradigma iconocentrico. ”
Vi siete mai chiesti quante immagini ci passano davanti agli occhi ogni giorno? Circa 400.000. Durante l’arco dell’intera giornata vediamo un’infinità di immagini artificiali (ovvero quelle che il genere umano ha prodotto utilizzando varie tecnologie pittoriche o plastiche) senza neanche rendercene conto. Questa può sembrare una cifra eccessiva, ma basta pensare sotto quante possibili maschere si celino (foto, video, pubblicità, disegni, elaborati al computer, ecc.), per persuadersi che il numero è molto prossimo alla realtà. E non bisogna ritenere che siano esonerati coloro che non frequentano il Web: il numero può soltanto aumentare se si passa del tempo a navigare su Internet.
Sembra veramente incredibile come sia aumentata la cifra nel giro di circa un millennio: è stato calcolato, infatti, che nel Medioevo un uomo entrava in contatto con al massimo 40 rappresentazioni in tutta la sua vita (contro le nostre 12.000.000.000 circa); ma prendendo in esame le immagini con cui veniamo in contatto, non è difficile risalire alle cause di questo fenomeno definito “iconocentrismo”. Se a quel tempo immagini artificiali si limitavano a dipinti, affreschi, sculture e poche altre forme di arte, al giorno d’oggi enumerare le forme sotto cui si presentano sarebbe un lavoro infinito. L’aumento vertiginoso della cifra sarebbe pertanto causato dai progressi in campo tecnologico e dalla creazione e messa in commercio di nuovi dispositivi, come cineprese e fotocamere. A far lievitare ulteriormente il numero contribuisce anche la moda: verso la fine del XIX sec. le macchine fotografiche venivano impiegate per scattare foto di famiglia (o solo in poche altre occasioni speciali),per poi sviluppare i negativi e tenere la cornice in soggiorno. Adesso questi dispositivi sono prodotti in serie e sono diventati accessibili ad un pubblico più vasto (circa nove persone su dieci hanno un cellulare dotato di fotocamera), di conseguenza anche la moda è potuta cambiare ed ora l’importante fare il maggior numero possibile di foto e filmati (solo nel 2011 sono state scattate circa 375 miliardi di fotografie), ma soprattutto condividerli sui social media (ne vengono condivise più di 200 milioni al giorno), in modo tale che se a qualcuno non basta la razione quotidiana minima di 400.000 immagini, costui può andare sul Web ed incrementare in un batter d’occhio la propria cifra.
In questo mondo iconocentrico, quindi, non c’è più spazio per la parola: è sicuramente più immediato, veloce e meno faticoso “postare” delle foto, piuttosto che raccontare o descrivere la propria avventura e in risposta ormai ci si aspetta (e si trova) soltanto un “like” o un “emoticon”. Risulta quasi inappropriato trascrivere a parole il proprio parere o pensiero. Insomma la scrittura sta scomparendo, diventando quasi un linguaggio d’élite.
Le persone, infatti, stanno diventando sempre più pigre da questo punto di vista: tendono a preferire i film ai libri, le immagini agli articoli, ecc.
Anche i mass media danno più spazio ai video, diminuendo quello dedicato alla descrizione dell’accaduto. Si sta, insomma, togliendo sempre più importanza alla parola, la base della civiltà stessa. Infatti l’idea che oggi sembra ovvia, che con le immagini si può dire tutto, è molto moderna, novecentesca. In passato la produzione di immagini rappresentava un linguaggio specializzato, limitato ad alcuni ambiti della vita sociale e culturale, mentre lo scritto si considerava un (anzi l’unico) codice capace di poter rappresentare e descrivere esattamente tutto. Non è possibile biasimare questo modello culturale tradizionale, pensare solo al presente senza volgere lo sguardo al futuro e al passato. È soprattutto grazie alla documentazione scritta che ci è possibile ricostruire le nostre origini, pertanto anche noi dovremmo sentirci in dovere di lasciare un eredità di cui andare fieri, che ci renda immortali.